martedì 4 dicembre 2007

Il lato oscuro del Berlusca


Scusate se in questi giorni sono in vena di polemica, ma vorrei dire questa cosa: navigando on line sono capitata sul blog del nuovo partito del berlusca "il popolo delle libertà" o vatte-la-pesca.

E quindi?? voi vi chiederete.

Invece ho notato una cosa un po' buffa: sapete che la segreteria del partito ha aperto questo blog per far crescere nei motori di ricerca la parola "popolo delle libertà" , il popolo delle libertà" o solo "popolo delle libertà", etc etc.. ? e io che da solita purista pensavo fosse un allegro blog di militanti che amano scambiarsi opinioni e informazioni.


Ma dico io: il segretario del partito ha il braccino corto e non vuole usare Adwords come tutti i cristiani webmasters oppure il Silvio sta prendendo accordi con le forze oscure del www ?

dal blog:

"l'obiettivo politico primario è rimanere nella prima pagina dei risulati delle ricerche delle espressioni "il Popolo della Libertà", "Popolo della Libertà", "il Popolo delle Libertà", "Popolo delle Libertà".Obiettivo secondario è risultare nei primi posti anche nella ricerca di qualsiasi combinazione delle parole "partito", "popolo", "libertà" e "Berlusconi"."



lunedì 3 dicembre 2007

IL DIAVOLO VESTE.... GRATIS


Ieri sera ho visto l'ultima puntata di Report, su rai 3. Tema: la verità scomoda sul mondo della moda in italia & la mafietta dei giornalisti del settore.
A questo proposito vorrei raccontare la mia personale piccola esperienza in questo patinato mondo.
All'inizio della mia carriera, circa 7 anni fa, lavoravo come "communication director assistant" di una nota e blasonata casa di moda.
Quello che mi toccava fare, in poche parole, era umiliante: passavo le giornate a rincorrere telefonicamente le fantomatiche giornaliste di moda, per invitarle in showroom e visionare per l'ennesima volta la collezione. Queste tizie fashioniste arrivavano svolazzando in sede, sceglievano la borsa che più le aggradava e regolarmente se ne andavano con il "press-sample" al collo, assicurandoci che avrebbero utilizzato il materiale per il prossimo redazionale in uscita. E fin qui tutto ok, visto che per poter scattare il prodotto è necessario darlo "in prestito" all'editor in partenza per il prossimo servizio fotografico in giro per il mondo.
Peccato che la maggior parte delle volte, le borse non facevano ritorno in showroom!
D'altronde vale la legge del do ut des..e tenete conto che il valore medio di ogni borsa si aggirava sui 2.000- 5.000 euro!

Per non parlare dei direttori o direttrici delle testate: per loro la mia ex capa organizzava cene esclusive, cadeau personalizzati ( mi ricordo di una pochette fatta su misura per una giornalista francese con le sue inizali stampate sul pellame - valore circa 2.000 euro), regaloni e molto altro: il tutto per un articolo che dovrebbe essere frutto della libera ispirazione della giornalista.
Pensate che in ufficio c'era anche una povera stagista - arruolata aggratis ovviamente - il cui lavoro forse era ancora più umiliante del mio: lei doveva passare tutta la giornata a sfogliare giornali per cercare le press relaeses e poi raccoglierle in un dettagliato report da consegnare all'ad ( del tipo: se ho comprato 5 pagine e mi hai menzionato 5 volte allora siamo a posto, altrimenti la prossima volta vado da un altro editore).
Mi ricordo che spesso l'ad dell'azienda faceva irruzione in ufficio stampa ( dove lavoravo io) ordinando alla mia capa di chiamare la giornalista X della testata XX, per concordare l'intervista con il direttore creativo in vista dell'acquisto della prima di copertina sulla rivista in questione. ( ma il giornalismo non dovrebbe essere super partes??? non esistono i cosidetti "publiredazionali"? )

Il mondo della moda, a livello pubblicitario, a mio avviso è terribile. Non ci sono codici, non c'è moralità e soprattutto non esiste professionalità.
Le mazzette alle gionaliste sono all'ordine del giorno.. le chiamano consulenze.
In compenso i "consulenti creativi" non sanno nemmeno cos'è un brief.

Cmq io dopo c.ca 3 mesi di lavoro in quell'azienda, mi sono licenziata.

L'anno scorso, dopo 6 anni, ho riprovato ad avvicinarmi alla moda accettando un lavoro come event producer in un'agenzia di eventi & Adv specializzata nel settore lusso, il cui propietario è figlio di un noto imprenditore del made in Italy: esperienza discutibile anche in questo caso, ma la divulgherò nell'etere un'altra volta perchè potrei parlare per ore.